09.01.2014
Рецензія на книжку:
Нікітін Олексій. Istemi_
(Переклад:
Laura Pagliara)
“Istemi fu l’ultimo signore assoluto del Khanato turco di Zaporož’e” e al contempo non è mai esistito. Aleksej Nikitin, nel suo primo romanzo pubblicato in Italia da Voland, lo fornisce tuttavia di una ricca biografia, e un accurato sfondo storico: la vividezza e i dettagli con cui ogni atto di Istemi è raccontato fa sì che sembri più vero della realtà stessa, e sin dalle prime pagine verità e finzione scivolano l’una nell’altra. Istemi, tuttavia, è la storia malinconica di un gioco interrotto bruscamente dopo poche partite, così come bloccate e rovinate sono state le vite di tutti i suoi partecipanti.
Nel 1984 una conversazione colta e annoiata tra cinque studenti confinati in un kolchoz ucraino avvia una competizione fantapolitica e astorica: come in un Risiko slavo, i cinque ragazzi riscrivono la storia dell’Europa, ridisegnandone i confini e spartendosene i territori. Vengono ristabiliti monarchie e califfati e il Sacro Romano Impero non è mai caduto, ma al contrario è fiorente sotto la guida di Carlo XX. Le trattative tra i cinque potenti e le manovre politiche e geografiche durano poco, ma le conseguenze sono enormi; lo stesso KGB non resterà sordo all’innocente gioco, e i cinque studenti verranno arrestati e detenuti per un periodo lungo, reso infinito e insostenibile dagli interrogatori estenuanti. Alla loro liberazione si accorgono di aver perso tutto, pur non avendo consegnato altro che le regole del loro gioco bizzarro, e le loro vite si dividono in maniera inesorabile. Solo vent’anni dopo si ritroveranno, chiamati a una possibile guerra da un ultimatum che lascia loro poco tempo per agire, ma abbastanza da ripercorrere la strada che si erano lasciati alle spalle.
Con un’alternanza temporale lucida e mai fuorviante, la storia inizia quando già tutto è andato perso e ricomincia proprio dove si era fermata anni prima. Lo stile di Nikitin è eccezionalmente avvincente, dotato di una suspense malinconica e mai banale e il modo in cui tratteggia Istemi, avatar del protagonista Aleksandr Davydov, è fermo ed epico. Attraverso i pensieri e le osservazioni, spesso sfuggenti, di Davydov, Istemi, forte e orgoglioso, ci appare come il depositario di una dignità che la sua controparte non riesce a possedere. Signore di un impero infinito e potente, la storia di Khan Istemi è piena di “spazi bianchi simili a buchi neri” e nessuno li riempirà mai più. Ed è sempre lui che parla attraverso Davydov durante gli interrogatori: lui a non cedere alla pressione di un potere ottuso e prepotente, e sempre lui a difendere le regole che governano il suo impero inesistente, e al contempo il regno invisibile dell’immaginazione del suo creatore.
Attraverso Istemi Nikitin ha così intrattenuto un dialogo personale e originale con la storia della Russia: la tristezza e la nostalgia slava parlano attraverso i protagonisti, e Istemi incarna l’idea di un paese ancorato a un passato leggendario e a un’idea di grandezza e dignità, proprio attraverso la figura di un personaggio che in nome di una mediocrità stabile e sicura ha lasciato andare via qualcosa di più profondo e prezioso della sua personalità.
Chiara Condò
(Джерело:
Cabaret Bisanzio)
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