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Istemi_
Олексій Нікітін
(Переклад:
Laura Pagliara)
— Voland,
2013.
— 136 с.
— (Серія: Sirin).
— м.Рим. — Наклад 3000 шт.
ISBN: 9788862431484
Жанр:
— Триллер
— Сучасні переклади
Анотація:
Kiev, 1984. Un innocente gioco di ruolo fantastorico tra cinque studenti universitari attira l'attenzione del KGB trasformandosi, per un pericoloso equivoco, in un evento che segnerà per sempre le loro vite. Vent'anni dopo, una mail improvvisa con un inquietante ultimatum risveglia un passato che si credeva sepolto e con cui si devono fare di nuovo i conti. Sul protagonista Davydov si allunga l'ombra del suo alter ego, il condottiero Istemi, che ne sconvolge ancora una volta l'esistenza...
Лінк із зображенням книжки:
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Рецензія |
15.02.2014
Автор рецензії: Stefania Loppo
(джерело:
roarmagazine.it)
Un gioco di ruolo strettamente intrecciato alla realtà.
Un gioco che diventa una faccenda politica talmente seria da preoccupare il KGB.
Questo è Istemi il nuovo romanzo di Aleksej Nikitin.
ISTEMI - LA TRAMA
«Il mio indirizzo è istemi@ukr.net. Se mi capita di dettarlo, dall'altro capo del telefono mi chiedono immancabilmente "istoche?" "Istemi è un nome", rispondo. Certo, davidov@ukr.net sarebbe stato meglio: infatti mi chiamo Aleksandr Davydov. Ma quando ho registrato la casella di posta, quegli indirizzi erano già occupati e non avevo voglia di scervellarmi e inventare cose con numeri, ... [ Показати всю рецензію ]
tipo davidovo4. Un nome è un nome... Allora mi è tornato in mente Istemi.»
Istemi è la storia di un gruppo di ragazzi e uomini che, nel 1984, incappano in un gioco di ruolo fantastorico che rivoluziona i confini geografici dell'URSS; i cinque ragazzi sono gli stessi che hanno ideato il gioco, gli uomini sono gli agenti del KGB che indagano su di loro per due estenuanti mesi prima di lasciarli andare. Due mesi in cui loro stessi sperimentano quel gioco, e i cui strascichi impediscono ai ragazzi di riprendere l'università e in generale le loro vite come avrebbero sognato.
Vent'anni esatti dopo Davydov, narratore e personaggio principale del romanzo e Kuročkin, ex giocatore e oggi politico di rilievo, ricevono una mail che sembra riprendere il gioco da dove si è forzatamente fermato per ordine del KGB. E da quel momento, la caccia ha inizio.
ISTEMI - L'IMPORTANZA DEL GIOCO
«Un tempo… sotto quel cielo sfrecciavano i cavalieri di Istemi. Leggeri come la morte, veloci come il tempo.»
Il romanzo porta lo stesso nome di Davydov ed è qui che sta la chiave di lettura dell’intero libro. Proprio Davydov definisce Istemi uguale a sé, almeno in qualcosa, e dichiara che in realtà è lo stesso Istemi a essere sfuggito per primo al KGB e ad avergli permesso, in parte, di evitare che l'ombra dei servizi segreti infestasse la sua vita.
Stando a quanto dice è Istemi a essere stato liberato una volta che il gruppo di giocatori è stato rilasciato e, come una sorta di contrappasso, il giocatore è finito a commercializzare una bibita americana che neanche considera degna di nota.
Che sia solo un suggerimento non troppo urlato, sembra come se la storia voglia dire che smettere di giocare, con tutte le accezioni positive del caso, non serva ad altro che a tingere di grigio la propria vita e il proprio essere. Ed è anche quello che si può leggere nelle parole di Davydov: non è un caso che sul finire decida che la perdita del proprio posto di lavoro non è poi un male tanto sgradito.
Ricordando Istemi, ricomincia a cercare di vivere e viversi, ricomincia a costruire certezze.
ISTEMI - PERSONAGGI E PUNTI DI VISTA
Due parole le merita anche Kuročkin. Personaggio dalla vita impostata, ormai fissata nel marmo, che dal gioco ha imparato a costruirsi un secondo personaggio, il migliore per la sua carriera. Ambiguo per certi versi, sembra avere ogni verità in tasca. Rappresenta il modo in cui ricominciare il gioco può spazzare via tutte le certezze finora inossidabili.
C'è poi Sinevusov, il membro del KGB assegnato nel 1984 a Davydov. Forse il personaggio che lascia il lettore con più domande sulle sue motivazioni, di profonda cultura, capacità dialettica e occhio acuto.
E infine Nataša, che è stata la ragazza dei sogni dei cinque giocatori. È come rievocata durante il racconto degli eventi e riesce a guadagnarsi un ruolo di rilievo sul finale. Un po' come uno spettro di quelli che furono i tempi del gioco, trascina con sé.
Ognuno dei personaggi di Istemi è un punto di vista sui motivi, i significati e le conseguenze del gioco di ruolo nello specifico e del gioco in generale.
Nonostante la tematica il libro di Nikitin non è un fantasy perché Istemi è perfettamente radicato nella realtà.
Il fantasy è un’altra cosa. [ Згорнути рецензію ]
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05.02.2014
Автор рецензії: FOGLIO QUOTIDIANO
(джерело:
Il Foglio)
Il mio indirizzo è istemi@ukr.net”, esordisce il narratore. “Se mi capita di dettarlo, dall’altro capo del telefono mi chiedono immancabilmente: ‘isto che?’ ‘Istemi è un nome’, rispondo e faccio lo spelling: ‘Ai, es, ti, i…Istemi’”. Lui si chiama Aleksandr Davydov. Ma quando ha registrato la casella di posta, gli indirizzi con quei nomi erano già occupati, e non aveva voglia di scervellarsi “a inventare cose con numeri, tipo davidov04. Un nome è un nome… Allora mi è tornato in mente Istemi”. Chi era Istemi? Nelle enciclopedie è menzionato un personaggio con questo nome, fratello minore di Bumin. ... [ Показати всю рецензію ]
“Quindici secoli fa, con l’aiuto di cinquantamila cavalieri Oghuz, i due guidarono la loro tribù contro il Khanato dei Juan-Juan. Il Khanato dei Juan-Juan cadde di buon grado, quasi attendesse solo la comparsa di due fratelli qualsiasi”, e “alcuni dettagli” della sua storia, ricorda ancora Davydov, “si possono trovare nello Sciahnamé”, il “Libro dei Re” che è il poema nazionale iraniano. L’Istemi dell’e-mail di Davydov è invece un altro. “Fu l’ultimo signore assoluto del Khanato turco di Zaporoz’e. Pose fine alla guerra contro i califfati islamici e, al tempo della crisi per la penisola di Taman, mise a riposo il viceatamano Bagratuni e volò di persona a Tver’ per appianare le divergenze con gli slovenorussi. Non ebbe paura di perdere la faccia davanti al presidente Betancourt e alla fine vinse – non una guerra, no – vinse la pace. Era autoritario con il governo e spietato con il parlamento. A volte io stesso lo temevo”. Ulteriori particolari ci informano che nella Costituzione di Zaporoz’e “il khan nomina il primo ministro, ma è il parlamento che conferma la nomina”, che la religione di stato è l’ebraismo, che l’unità monetaria è la “valuta forte” della grivnia, che ha una solida economia basata su industria metalmeccanica, chimica e agricoltura e un esercito di un milione di uomini con un potente arsenale nucleare. Sono gli stessi particolari che ci fanno capire perché di questo Istemi oggi “nessuno si ricorda più”. Il Khanato di Zaporoz’e infatti non è un paese stabilito “a priori”, spiega Davydov, usando “una formula di analisi matematica”, agli agenti del Kgb che nel 1984 hanno arrestato lui e i suoi quattro compagni di università che si erano proclamati Istemi Khan di Zaporoz’e, Carlo XX Imperatore del Sacro Romano Impero, Stephane Betancourt, presidente della Confederazione slovenorussa, Califfo Al-Alì, presidente dei Califfati Islamici Uniti e Undur Geghen, Lama della Mongolia. Anche se quest’ultimo si è limitato a ordinare ai suoi sudditi di entrare tutti nel Nirvana. A mezza strada, non solo cronologica, tra le “Finzioni” di Borges e un videogame, “Istemi” (tradotto in italiano da Laura Pagliara) è solo un gioco. “Adottammo un algoritmo comune per il calcolo degli eserciti, dell’incremento demografico e dello sviluppo tecnologico. Anni dopo, trovai qualcosa di molto simile. Ma che ‘civilization’ poteva esserci nel 1983 a Jablonevoe? Noi giocavamo e basta. E comunque, non c’era altro da fare. Non si può sempre bere vodka. Viene a noia”. In realtà il marchingegno è così bene architettato che gli agenti del Kgb quando entrano nello spirito della faccenda, dopo aver sospettato chissà che complotti, invece di rilasciare i fantasiosi giovanotti li trattengono per un po’, per poter giocare con loro. Ma vent’anni dopo, in un’Ucraina post sovietica dove lavora per la ditta produttrice di una bibita americana, Istemi-Davydov riceve una mail con un’inquietante ultimatum: chi sta risvegliando il passato? Nato a Kiev nel 1967, divenuto scrittore a tempo pieno dopo essersi improvvisato imprenditore, forse Nikitin vuole costruire una metafora sulla dissoluzione dell’Unione sovietica. Un inquietante gioco degli specchi, in cui nulla è quel che appare. [ Згорнути рецензію ]
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09.01.2014
Автор рецензії: Chiara Condò
(джерело:
Cabaret Bisanzio)
“Istemi fu l’ultimo signore assoluto del Khanato turco di Zaporož’e” e al contempo non è mai esistito. Aleksej Nikitin, nel suo primo romanzo pubblicato in Italia da Voland, lo fornisce tuttavia di una ricca biografia, e un accurato sfondo storico: la vividezza e i dettagli con cui ogni atto di Istemi è raccontato fa sì che sembri più vero della realtà stessa, e sin dalle prime pagine verità e finzione scivolano l’una nell’altra. Istemi, tuttavia, è la storia malinconica di un gioco interrotto bruscamente dopo poche partite, così come bloccate e rovinate sono state le vite di tutti i suoi partecipanti.
Nel ... [ Показати всю рецензію ]
1984 una conversazione colta e annoiata tra cinque studenti confinati in un kolchoz ucraino avvia una competizione fantapolitica e astorica: come in un Risiko slavo, i cinque ragazzi riscrivono la storia dell’Europa, ridisegnandone i confini e spartendosene i territori. Vengono ristabiliti monarchie e califfati e il Sacro Romano Impero non è mai caduto, ma al contrario è fiorente sotto la guida di Carlo XX. Le trattative tra i cinque potenti e le manovre politiche e geografiche durano poco, ma le conseguenze sono enormi; lo stesso KGB non resterà sordo all’innocente gioco, e i cinque studenti verranno arrestati e detenuti per un periodo lungo, reso infinito e insostenibile dagli interrogatori estenuanti. Alla loro liberazione si accorgono di aver perso tutto, pur non avendo consegnato altro che le regole del loro gioco bizzarro, e le loro vite si dividono in maniera inesorabile. Solo vent’anni dopo si ritroveranno, chiamati a una possibile guerra da un ultimatum che lascia loro poco tempo per agire, ma abbastanza da ripercorrere la strada che si erano lasciati alle spalle.
Con un’alternanza temporale lucida e mai fuorviante, la storia inizia quando già tutto è andato perso e ricomincia proprio dove si era fermata anni prima. Lo stile di Nikitin è eccezionalmente avvincente, dotato di una suspense malinconica e mai banale e il modo in cui tratteggia Istemi, avatar del protagonista Aleksandr Davydov, è fermo ed epico. Attraverso i pensieri e le osservazioni, spesso sfuggenti, di Davydov, Istemi, forte e orgoglioso, ci appare come il depositario di una dignità che la sua controparte non riesce a possedere. Signore di un impero infinito e potente, la storia di Khan Istemi è piena di “spazi bianchi simili a buchi neri” e nessuno li riempirà mai più. Ed è sempre lui che parla attraverso Davydov durante gli interrogatori: lui a non cedere alla pressione di un potere ottuso e prepotente, e sempre lui a difendere le regole che governano il suo impero inesistente, e al contempo il regno invisibile dell’immaginazione del suo creatore.
Attraverso Istemi Nikitin ha così intrattenuto un dialogo personale e originale con la storia della Russia: la tristezza e la nostalgia slava parlano attraverso i protagonisti, e Istemi incarna l’idea di un paese ancorato a un passato leggendario e a un’idea di grandezza e dignità, proprio attraverso la figura di un personaggio che in nome di una mediocrità stabile e sicura ha lasciato andare via qualcosa di più profondo e prezioso della sua personalità. [ Згорнути рецензію ]
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22.12.2013
Автор рецензії: Marco Parigi
(джерело:
Mangialibri)
Aleksandr Davydov si occupa della promozione di una bibita americana sul mercato ucraino, “un’attività estenuante e di scarso interesse”. È il più anziano della filiale, e contrariamente ai suoi colleghi - “lepri meccaniche da cinodromo” - non nutre il minimo interesse per bonus, premi di produzione e avanzamento di carriera. Un giorno riceve una mail indirizzata personalmente a Sua Altezza Istemi, che ha in allegato il testo dell’ultimatum alla Slovenorussia. E che lo riporta indietro di vent’anni, quando insieme con altri quattro studenti della facoltà di radiofisica di Kiev aveva dato vita a ... [ Показати всю рецензію ]
un gioco di ruolo fantastorico. Davydov, che aveva scelto come alter ego il nome di Istemi, era il signore assoluto del Khanato turco di Zaporož’e, mentre i suoi compagni erano rispettivamente a capo del Sacro Romano Impero, della Confederazione Slovenorussa, dei Califfati Islamici Uniti e della Mongolia. Era solo un gioco nato da cinque ragazzi annoiati, ma il loro passatempo aveva attirato l’attenzione del KGB, che li aveva arrestati e sottoposti a due mesi di estenuanti interrogatori. E dopo essere stati rilasciati, le sorprese non erano finite: una disposizione del rettore li informava che erano stati espulsi dalla facoltà “per infrazione sistematica della disciplina accademica”. Il passato torna a far visita a Davydov, e non è per niente un ospite gradito…
Istemi racconta uno spaccato di storia dell’Ucraina lungo vent’anni (la narrazione oscilla tra il biennio 1983-84 e il 2004), durante il quale la perestrojka rappresenta l’inevitabile spartiacque. Il “gioco con risvolti politici” di Davydov e dei suoi amici è un ottimo stratagemma narrativo per rappresentare l’ottusa e kafkiana burocrazia sovietica, personificata dal maggiore Sinevusov, “un uomo tondo giallo e rosa, trasudante olio e veleno”. A un primo sguardo (distratto) l’Ucraina del 2004 sembra aver compiuto passi importanti verso la democrazia, ma basta poco per scoprire che in realtà sono tanti gli elementi di continuità con il precedente regime, su cui ha innestato elementi di capitalismo selvaggio e spietato. Il protagonista scoprirà a sue spese il degrado civile e morale di un Paese la cui classe politica è formata da uomini corrotti che si insediano sulle poltrone “come una muffa su un pezzo di legno marcio”. Al fascino del potere non è immune Kuročkin, l’unico del gruppo ad aver fatto carriera, oggi deputato, e che ha ricoperto anche l’incarico di vicepremier. E non va tanto meglio all’interno di un’azienda come quella dove lavora Davydov, i cui dirigenti parlano citando i manuali della PNL (Programmazione Neuro Linguistica) come fosse il vangelo – gli americani, i proprietari, sono il loro dio – e sono ossessionati dall’“aumento della mungitura”. Pur ruotando attorno a funzionari di regime e servizi segreti, il racconto lungo di Nikitin è molto distante dai cliché della narrativa di spionaggio, non mancando però di riservare qualche colpo di scena nella parte finale. Scritto con uno stile asciutto, Istemi cita e omaggia poeti e romanzieri russi (da Dostoevskij a Puškin, da Tolstoj a Leskov), riformulando in senso ironico alcuni passi delle loro opere. E forse è proprio l’ironia, sembra suggerirci Nikitin, l’unica arma per contrastare l’arroganza del potere e per evadere dalla grigia e opprimente realtà, ridisegnandone i confini. [ Згорнути рецензію ]
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29.11.2013
Автор рецензії: STEFANO GARZONIO
(джерело:
L'Associazione Premio Gorky)
(...)
Anche i due testi proposti da Voland sono caratterizzati da un impianto innovativo e sono ricchi di elementi fantastici. Certo si tratta di due autori, Aleksej Nikitin e Marija Elifërova, appartenenti a generazioni diverse e con orientamenti letterari assai ben distinti tra loro. Nikitin, il cui libro è stato recentemente pubblicato in inglese, è nato a Kiev nel 1967 ed è autore di numerosi romanzi, novelle e racconti, la Elifërova, originaria di Orenburg, è nata nel 1980, è anglista e traduttrice dall'inglese, e Morte di un autore costituisce il suo esordio letterario.
Istemi è un breve ... [ Показати всю рецензію ]
romanzo ambientato a Kiev nel 1984 e poi all'inizio del nuovo millennio. In esso si dipana una complessa vicenda legata ad un gioco di ruolo che per un equivoco diviene poi oggetto d'indagine dei servizi sovietici fino a rispuntare vent’anni più tardi nell'Ucraina post-sovietica. Anche qui, come ad esempio, nel libro di Sachnovskij, la trama si colloca in un paesaggio fortemente vivido e intensamente violento, nel quale è messa a nudo, ora con crudezza, ora con sofferta ironia, la vita quotidiana e i suoi riflessi sui personaggi. In particolare Davydov, che si trova a combattere con il suo alter ego, il condottiero Istemi, mitico ultimo signore del Khanato di Zaporož'e, sinistra e misteriosa immagine di sdoppiamento nel gioco di ruolo che così fortemente aveva segnato in gioventù la vita del protagonista e poi, d'improvviso, viva incarnazione nella quotidianità post-sovietica. La scrittura di Nikitin è leggera, elegante, essenziale e il libro si legge d'un fiato in una resa precisa, senza fronzoli e con il rispetto dei ritmi della narrazione.
Del tutto a sé si colloca l'ultimo libro. Non solo perché è un'opera prima e per la poca notorietà dell'autrice (nei casi di Sachnovskij, Slapovskij e Nikitin siamo di fronte a scrittori affermati in patria e vincitori di vari premi letterari), ma anche per la natura stessa del libro e la sua struttura.
(...) [ Згорнути рецензію ]
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13.11.2013
Автор рецензії: Iolanda Bufalini
(джерело:
L'Unità)
Il romanzo di Aleksej Nikitin presentato a Pordenone legge «Istemi» dal nome di uno dei personaggi creati da un gruppo di studenti dell'università di Kiev. Una specie di Risiko in salsa russa che impatta nella realtà con la dissoluzione dell'Urss.
Non c'entra nulla ma «Istemi», il romanzo di Aleksej Nikitin uscito da Voland (pagine 133, euro 13) mi ha fatto pensare al «Fondemantalista riluttante» di Mohsin Hamid. Altro contesto, altro sarcasmo, altra drammaticità, immerso nel trauma post Twin Towers il primo, lieve come un gioco adolescenziale il secondo. Però il tema, il disincanto dopo la ... [ Показати всю рецензію ]
grande illusione degli anni Novanta, quella che, con il crollo del Muro prometteva la fine della storia, una felice società aperta e «a ciascuno secondo le sue capacità», è lo stesso.
Istemi è uno dei personaggi creati da un gruppo di studenti iscritti al primo anno dell'università di Kiev, genialoidi come solo gli slavi e i napoletani sanno essere, per piacere intellettuale ed estetico, senza finalità pratiche a turbare la coerenza del disegno. Un gioco di ruolo inventato negli anni Ottanta del secolo scorso: «Un tempo sotto questo cielo sfrecciavano i cavalieri di Istemi. Leggeri come la morte, veloci come il vento». Una specie di Risiko o di Civilization in salsa russa, solo che in questo caso, regni e khanati, imperi e principati, impattano con la dissoluzione reale della Seconda Potenza Mondiale.
Quello che sembrava un ben costruito esercizio di fantasia assume le parvenze inaspettate di una questione molto seria e degna dell'attenzione del Kgb, mentre l'Unione delle repubbliche socialiste sovietiche deflagra in mille stati e staterelli, con ripetizione di palazzi d'inverno assaltati, cannoneggiamenti e guerre civili. I capitoli del libro saltano dal 1984 al 2004, quell'innocente perdita di tempo si trasforma, infatti, in un destino che lega i protagonisti vent'anni dopo.
Aleksej Nikitin è stato ospite del festival «Pordenone legge» e, ragionando in pubblico sul suo paese, l'Ucraina, ne spiega, in parte, le disgrazie attuali con il recente passato: «Com'è accaduto che un paese dal clima mite, con un terreno fertile, ricco di risorse naturali, abitato da persone istruite e laboriose soffra di un'efferatissima corruzione e presenti indici economici fra i peggiori d'Europa? Il ventesimo secolo è stato spietato con lei».
Nella finzione del romanzo si fa strada qualcosa di più sofisticato, che intreccia le somiglianze del prima e del dopo: l'americano Malkin, per esempio, capo filiale della multinazionale di bibite dove il protagonista Davidov lavora, trascolora nel maggiore Razin, il comandante di battaglione che lo indottrinava 18 anni prima. Il primo si entusiasma per il capo supremo della multinazionale, il secondo era un campione del culto stalinista della personalità: «Lui era la mente, da solo pensava per tutti».
C'è un passaggio esilarante, quando Davidov viene promosso ma è già immerso nell'intrico di spie e affaristi che ha avuto origine da quel vecchio innocente gioco della sua giovinezza e, per districarsi chiede, prima di entrare in carica, due settimane di ferie: «Alla fine Malkin mi diede le due settimane, ma lo vidi parecchio pensieroso. Probabilmente meditò sull'enigmatica e imponderabile anima slava. Se a una persona offrono un nuovo impiego, dovrebbe mettersi a scavare la terra con il naso, strapparsi le vene, ansando e sudando, per dimostrare ai capi che non si sono sbagliati. E invece quello se ne va in ferie. Gente assurda».
C'è Kiev in questo romanzo, struggente nei suoi tramonti, nei vicoli e nelle colline, nei monasteri, nelle cupole a cipolla, nell'acciottolato delle strade vecchie, nelle trattorie e nelle caffetterie fumose, nei ristoranti di lusso per la nomenklatura, sovietica e post (che è più o meno la stessa). Aleksej Nikitin la fa vivere da dentro, riesci a vederla anche se non ci sei mai stato.
E c'è Kiev massacrata dal traffico e dalle speculazioni degli affaristi, come nel caso del progetto di parcheggi al posto del Monastero delle grotte. «È stretto, lo allarghiamo, lo scaviamo di più, costruiamo impianti di canalizzazione e reti elettriche».
Scrittura lieve, ironica per un romanzo breve che riesce, tuttavia, a restituire il clima cupo del crocevia di spie della fine dell'impero e dell'inizio della nuova era, lo stigma sui ceceni, l'intesa fra coloro che, nel prima e nel post, sono disposti a schiacciare le vite degli altri. [ Згорнути рецензію ]
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28.10.2013
Автор рецензії: Fertilio Dario
(джерело:
Corriere della sera)
Correva l'anno 1984, e i giovani ucraini vivevano gli ultimi sprazzi di Urss: per divertirsi si inventavano qualche goliardata, attenti a non irritare le autorità. Il giovane Aleksej Nikitin, allora nemmeno ventenne, si cala nel passato del Paese con il romanzo semiburlesco Istemi (Voland, pp. 134, e 13). Vi immagina che un gruppo di buontemponi inventi un gioco di società sul modello del Risiko, servendosi di fantomatici messaggi militari abbastanza realistici da attirare il Kgb. Istemi, per esempio, fu l'ultimo signore di un khanato turco vecchio di 15 secoli: il protagonista se ne serve come ... [ Показати всю рецензію ]
soprannome, ma il Kgb lo prende sul serio, e di lì parte una grottesca autodisinformazione di regime. Non convince appieno, la trama surreale di Nikitin: è piacevole piuttosto l'ironia che l'accompagna, unita alla memoria di un'Urss agonizzante, simboleggiata dal kolkhoz agricolo paralizzato dalle lotte fra i sostenitori di due diversi tipi di mele. Una nostalgia dolceamara pervade la narrazione sino al finale in cui tutti perdono l'innocenza: un tempo delle mele alla sovietica. [ Згорнути рецензію ]
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11.10.2013
Автор рецензії: Tonino Nocera
(джерело:
il Metropolitano.it)
Un gruppo di giovani universitari ucraini inventa un gioco di ruolo: Istemi, il nome di un antico condottiero. I protagonisti sono stati dai nomi altisonanti: Sacro Romano Impero, Confederazione Slovenorussa, Califfati Islamici Uniti, Khanato di Zaporoz’e, in quest’ultimo la religione di stato è l’ebraismo. Il gioco, come Risiko, ha l’obiettivo di conquistare la supremazia: un semplice e innocente passatempo. Mai il KGB non la pensa così e, dopo una stretta sorveglianza, li arresta. Poi, dopo lunghi e stenuanti interrogatori: la libertà. Ma loro vita non sarà più la stessa. Questa è la storia narrata ... [ Показати всю рецензію ]
da Aleksej Nikitin in “Istemi”, edito da Voland www.voland.it e tradotto da Laura Pagliara (pp. 134 € 13,00). Intanto, l’Unione Sovietica crolla e l’Ucraina diventa indipendente. Vent’anni dopo il loro arresto: tornano i fantasmi del passato. Il protagonista, Davydov, si trova a doversi ancora confrontare con Istemi. Tutto comincia con una strana e misteriosa mail. Da quel momento Davydov ripercorre il proprio passato. Cerca di parlare con gli amici di un tempo che hanno preso strade diverse. Uno ha compiuto l’aliyah? Ma, soprattutto, si chiede: chi li denunciò? E chi oggi lo insidia? Tutto questo sullo sfondo di Ucraina (con paesaggi da sogno poco noti) che guarda al futuro, ma che si trascina ancora spezzoni del passato. Come i vecchi agenti dei servizi che Davydov incontra, ormai (a loro dire) fuori dal gioco di specchi e ombre: ma per i siloviki non c’è congedo. Protagonista è anche la città di Kiev, che sembra grigia e plumbea. Ma non è così. E’ solo discreta e riservata: non ama esibire. Infatti, per le sue strade e i suoi locali c’è un’ umanità che gioisce, spera, lotta e continua il duro cammino della vita. Come Davydov che si ritrova a inseguire un’ombra e il tempo passato. [ Згорнути рецензію ]
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03.10.2013
Автор рецензії: Luca Bagatin
(джерело:
Politica Magazine.info)
C'è forse un sottile filo rosso che lega “Istemi” di Aleksej Nikitin, celebre romanziere ucraino e Arturo Perez Reverte, autore spagnolo dell'ultimo “Il tango della vecchia guardia”. Li abbiamo incontrati entrambi, in questi giorni, a Pordenonelegge, la fiera del libro che ogni anno si tiene in settembre nella città di Pordenone.
Entrambi – Nikitin e Reverte - autori di romanzi di successo che fotografano la realtà attuale, partendo dal passato.
Il primo presenta la storia di una generazione di amici, passati dal comunismo al capitalismo, ovvero dall'Impero Sovietico all'attuale realtà dell'Ucraina. ... [ Показати всю рецензію ]
Un'Ucraina che, come tutti i Paesi dell'Est, fa fatica ad abituarsi al cambiamento ed affronta problematiche del tutto nuove: dallo Stato autoritario-paternalista che provvedeva ai bisogni collettivi, ad una libertà economica e sociale che disorienta coloro i quali si trovano ad affrontare la nuova realtà, ovvero la ricerca di nuove opportunità economiche che loro si presentano.
Il secondo, ovvero il Perez Reverte de “Il tango della vecchia guardia”, racconta la fine di un mondo, dell'Europa, dell'Occidente, attraverso la storia di un uomo semplice che cerca di farsi strada nel mondo e che ricerca in particolare una cosa: l'approvazione della sua donna, incarnazione della Donna per antonomasia, eterna giudice di un uomo che voglia definirsi tale.
Una storia d'amore, quella di Reverte, ma dai risvolti sociologici e politici, se vogliamo. Dal glamour della Nizza Anni Venti alla mondanità degli Anni Sessanta, si avvicendano le avventure dell'ennesimo Eroe Stanco dei romanzi classici di Reverte. Eroe che ha perduto tutto, nel suo incedere dalla giovinezza sino alla maturità, tutto tranne la dignità personale che si riscatta attraverso il giudizio e lo sguardo amorevole della sua donna.
Reverte, come Nikitin, racconta della fine di un tempo. Nikitin racconta il finire del'epoca comunista ad Est, mentre Reverte racconta la fine dell'Occidente per come la sua generazione e quelle precedenti lo hanno conosciuto. Un Occidente ed un'Europa di grandi statisti, propugnatori dei diritti e delle libertà come Churchill e De Gaulle. Un'Europa culla di cultura millenaria, depositaria del sapere di Aristotele, Platone e Voltaire e di uno stile con le sue regole di comportamento, ove l'intellettuale era realmente riconosciuto per ciò che era.
Oggi – afferma Reverte, grande appassionato e lettore di Storia – tutto è mutato. Assistiamo all'avvento di nuovi barbari, ove più che lo stile conta il danaro dei “nuovi ricchi” siano essi russi o di altra nazionalità. Assistiamo ad un'Europa ove i grandi ideali sono scomparsi ed ove a farla da padrone sono degli “analfabeti privi di morale” che siedono a Bruxelles, a politici incapaci di leggere la Storia ed i suoi continui cicli.
La vecchia Europa, secondo Reverte, dunque, non potrà mai più risorgere. Egli stesso si sente come quell'antico romano del IV Secolo che sta alla finestra, ad osservare i barbari che saccheggiano Roma, avendo profetizzato il loro avvento. Egli ritiene, ad ogni modo, che la salvezza sociale e politica sia possibile solo individualmente. Non crede alle rivoluzioni o agli sconvolgimenti collettivi. Purtroppo, oggi, aggiunge Reverte, ai giovani europei non sono stati dati gli strumenti per affrontare questo nuovo ciclo che l'Occidente, oltre che l'Europa, stanno vivendo, in quanto oggi i giovani si trovano privi di quel “rifugio intellettuale” che hanno avuto le generazioni precedenti. E tutti noi, purtroppo, chiosa Arturo Perez Reverte, ne siamo colpevoli.
E' questa, in sostanza, la realtà storica che ci troviamo a vivere, ad Ovest come ad Est, ove la globalizzazione ha mutato tutto quanto, sia nel bene – con nuove opportunità tecnologiche e sociali – che nel male, livellando un po' tutto e aprendo le porte alla mera ricerca della ricchezza materiale, fine a sé stessa.
Ancora una volta Reverte (che ha annunciato anche l'uscita del suo prossimo libro, in Spagna, il mese prossimo, dal titolo "Il cecchino paziente", che racconta l'arte dei murales e dei graffiti) ci ha piacevolmente colpiti quando ha affermato, come a voler dare una chiave di lettura risolutiva dei problemi che ha evidenziato, che egli è privo di qualsiasi tipo di ideologia, ma possiede un'ampia biblioteca. E' questo, forse, ciò che manca alla gran parte dei Popoli, ormai del tutto inconsapevoli del loro stesso incedere. La riscoperta della cultura del sapere. [ Згорнути рецензію ]
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25.09.2013
Автор рецензії: ALEKSANDR YUSUPOV
(джерело:
Premio Gorky)
Nel 1984, alla vigilia della perestrojka, cinque studenti del secondo anno della Facoltà di radiofisica di Kiev inventano un gioco coinvolgente che si svolge sui territori dell'Unione Sovietica e dell'Europa dell'Est divisi in paesi immaginari a cui danno nomi, statistiche, strategie diplomatiche, industrie pesanti e leggere. Così sulle terre sovietiche e adiacenti appaiono un califfato, un canato, un regno, un impero ed una confederazione. La vicenda viene presto svelata su delazione dagli appositi organi del Ministero degli interni; punizione: due mesi d'interrogatorio ed espulsione dall'istituto. ... [ Показати всю рецензію ]
Ma la storia non finisce qui. Venti anni dopo, nel 2004, uno dei partecipanti, l'io narrante Saša Davydov riceverà una mail anonima; il gioco verrà magicamente ripreso in realtà diverse e con ben altre conseguenze.
La fantasia dell’autore kieviano Aleksej Nikitin crea una miscela curiosa tra storia antica, medievale e contemporanea, in cui le vecchie potenze imperiali cominciano a produrre testate nucleari. Gli stessi nomi fittizzi dei paesi dimostrano il carattere carnevalesco di questa "civilization", ideata più per combattere la noia che per capovolgere il mondo; niente storia alternativa in scala mondiale quindi, ma piuttosto una sorte di manovra deviante per gli stessi architetti del gioco, i quali, con le anime strette tra giacca e cravatta, trovano in questi spazi immaginari una via di scampo dalla realtà che non ha nulla a che fare con le gesta eroiche dei leggendari imperatori. La ripresa fantasmagorica del gioco nelle realtà postsovietiche crea un riflesso grottesco tra le due epoche, "prima" e "dopo", con i notevoli cambiamenti nella vita dei protagonisti. "Non siamo niente, saremo tutto", dice l’inno dei lavoratori, L'Internazionale; in questo caso, forse, la storia è andata in controsenso, e il futuro così promittente si è rivelato poco degno delle aspettative. È simbolico che il "gioco" si riprende esattamente nell'anno in cui anche l'Ucraina, avvolta nelle bandiere arancioni e radunata sul Majdan, sembra di cominciare una svolta storica; quella che finirà quattro anni più tardi (l'autore, avendo terminato il suo romanzo prima di questi eventi, non lo poteva sapere, e la referenza ai tempi sovietici rivela quindi un indiscusso talento di chiaroveggenza) con un notevole passo indietro. Il racconto non permette al lettore di trasformarsi nel sesto partecipante del gioco, eppure gli concede un buon angolo di osservazione dal quale realizzare come il tempo stesso, con le sue tre dimensioni, passato-presente-futuro, mescoli i destini, spingendo il gioco a superare la propria matrice ludica e a dissolversi nella vita reale. Si crea così un'evoluzione della trama che, soprattutto a partire dalla metà del romanzo, si tinge di evidenti tonalità "noir". A far da sfondo alla trama è una Kiev incantevole di inizio primavera che apporta al racconto un tocco romantico dei momenti quando la passione rende impercepibile il confine tra il gioco e la realtà. Nella pacata atmosfera della più antica città russa parlare di storia è altrettanto suggestivo quanto inventarla e sentirsi capace di diventare, almeno per alcuni attimi, il suo gestore incontrastato. [ Згорнути рецензію ]
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25.09.2013
Автор рецензії: Marilia Piccone
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WUZ)
Mi interrogò dettagliatamente su Istemi, sulle relazioni tra l’imperatore Carlo e il presidente Betancourt, sulla storia della guerra tra il Khanato e i Califfati. Mi interrogò su molti punti e gli interessava tutto. Le sue domande spesso mi sbalordivano. E quando succedeva, cercavo di non darlo a vedere. Lui, invece, reagiva con fervore alle mie risposte, richiedeva e precisava la stessa cosa due o tre volte. E ascoltava sempre con grande attenzione.
Diciamo subito chi è l’Istemi del titolo di questo romanzo ironico e divertente dello scrittore ucraino Aleksej Nikitin. Istemi è l’alter ego del ... [ Показати всю рецензію ]
protagonista Aleksandr Davydov, il nome da lui usato per crearsi l’indirizzo di posta elettronica, quello inventato, prima di tutto, per il gioco di ruolo fantastorico che aveva aiutato Aleksandr e altri quattro amici a superare la noia di un’estate. L’Istemi del gioco era stato l’ultimo signore assoluto del Khanato turco di Zaporož’e. Già, perché il gioco (qualcosa di simile al conosciutissimo Civilization) partiva da una supposta partizione dei territori dell’Unione Sovietica in un khanato, un califfato, un regno, una confederazione e un impero. I quali Stati si davano guerra, si vendevano armi, si battagliavano a parole in incontri/scontri.
Tutto era iniziato nel settembre del 1984 (Konstantin Chernenko, stretto collaboratore di Brežhnev, era segretario del Comitato Centrale dell’URSS, da lì a cinque anni l’Unione Sovietica si sarebbe veramente disintegrata: l’aver scelto questa data, che ci ricorda inevitabilmente il titolo del romanzo di George Orwell, è un indice di lettura?). I cinque amici facevano parte di un gruppo di studenti mandati a raccogliere mele in campagna- sono pagine divertentissime, queste del preludio al dramma, un indizio ironico di come mal funzionino le cose nell’Unione Sovietica. Perché le mele da raccogliere sono di due specie diverse che maturano le une in agosto e le altre in ottobre. Ma era stato concesso un solo invio di studenti per aiutare nella raccolta e non si poteva fare torto a nessuno. Quindi gli studenti erano arrivati in agosto, per non avere nulla da fare e annoiarsi all’infinito. E uno di loro aveva inventato il ‘gioco’, l’ultimo atto del quale era stato un ultimatum da parte di Carlo XX, imperatore del Sacro Romano Impero, a Stephane Betancourt, presidente della Confederazione Slovenorussa. C’era stata una delazione, gli amici erano stati arrestati e interrogati per due mesi nelle prigioni del KGB. Una volta rilasciati, erano stati espulsi dall’Università.
Il tempo del romanzo di Nikitin si sposta tra il 1984 e il 2004, quando Davydov riceve una mail indirizzata a qualcuno che credeva fosse scomparso vent’anni prima, a Sua Altezza Khan del Khanato di Zaporož’e. In allegato alla mail c’è una copia del fatidico ultimatum- cambia solo l’anno della data, e l’ultimatum scade da lì a due giorni. Non può essere che uno scherzo. A che scopo? Urge mettersi in contatto con qualche altro membro del gruppo dei cinque, urge consultarsi.
Aleksandr Nikitin non perde mai il tono giocoso nel raccontarci una storia che oscilla tra il grottesco e il tragico, rimanendo sempre divertente. È il divertimento di leggere tra le righe, di cogliere la pesante ironia di situazioni della cui assurdità i personaggi che le vivono non sembrano affatto rendersi conto. Che gli agenti del KGB prendano sul serio il ‘gioco’ è ridicolo, è un esempio che vuol essere paradossale dell’ottusità generalizzata, che poi ad un certo punto giochino pure loro è ancora più risibile. Non ci divertiamo più, tuttavia, anzi, avvertiamo tutta la nascosta tragicità dell’accaduto, quando leggiamo il prezzo in valuta di vita che gli studenti pagano, perché è esagerato, non è commisurato al ‘gioco’- in scala minore è come uno dei famigerati esili in Siberia per crimini inesistenti. Uno dei cinque muore, uno è ricoverato in manicomio, Istemi lavora (ironia, ancora ironia) per un’azienda americana che produce bibite gassate di color marrone, uno gestisce una rete di piccoli caffè. Solo uno di loro è arrivato al successo, addirittura nella carriera politica, ed è a lui che Davydov si rivolge, l’ingenuo Istemi che ancora crede nella lealtà e nell’amicizia.
Ci sono un paio di sorprese nel finale, un paio di colpi di scena: delatori e traditori, affaristi, intrallazzatori, spie, doppiogiochisti, esistono e sono sempre esistiti, nell’Unione Sovietica e nella nuova Russia. [ Згорнути рецензію ]
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04.09.2013
Автор рецензії: Roberto Sedda
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La casa di Roberto)
Ho letto Istemi, di Aleksej Nikitin (Voland 2013), per una specie di dovere professionale. Patrizio Zurru l’ha caldamente consigliato a mia madre e lei me l’ha passato perché ha visto che “parlava di giochi di ruolo”.
In realtà il gioco che negli anni ’80 (dunque ancora vivente l’Unione Sovietica) cinque studenti ucraini si inventano per combattere la noia disperante dell’esistenza non è un gioco di ruolo: tecnicamente è un gioco da tavolo di conquista mondiale che viene giocato per posta - lo dico per quei lettori che sono interessati a questi aspetti: nel libro come elemento di paragone viene ... [ Показати всю рецензію ]
citato spesso Civilization (quello di Sid Meier) ma il riferimento è piuttosto impreciso.
In realtà il gioco, anche se talvolta assurge a ruolo di co-protagonista, è puramente un pretesto: non so se Nikitin ha mai letto Il pendolo di Foucault ma il tema del libro è simile, cioè come rappresentazioni fittizie della realtà possano prendere improvvisamente vita e condurre persone reali in situazioni molto diverse da quelle immaginate. Qui il tema è svolto coerentemente e rispetto al Pendolo la realtà fa perfino più piroette su se stessa: gli intrecci fra finzione e realtà sono ricorsivi e intricati.
Con tutto questo Istemi rimane, anche per la brevità, un libro leggero leggero e in più di un punto insoddisfacente, come se in fondo il destino dei personaggi e lo scioglimento del mistero non fossero propriamente l’interesse principale di Nikitin. Faccio qui una grossa apertura di credito in suo favore se dico che spesso appare più portato a riflettere sul destino intricato dell’Ucraina post-sovietica (di cui non sappiamo niente, quindi ben venga Istemi, in questo senso).
Le vicende di questa Ucraina, reali, sembrano anch’esse prese di peso dalla lotta fantastica di un gruppo di giocatori, fra faccendieri e banchieri, camarille di ex agenti segreti in fondo non tanto ex, potenziali conquistatori ceceni e venditori americani di bibite gassate: forse, sembra dire il libro, non c’è bisogno di sognare l’Atamano Istemi alla guida dei suoi cavalieri, forse è già tutto in corso, o forse siamo anche noi il sogno di quattro studenti annoiati che muovono le loro pedine in un mondo che non possiamo nemmeno immaginare.
Ma forse così sto facendo a Nikitin un complimento troppo grosso, perché manca nel libro quel colpo da KO che dà al lettore la certezza che l’autore abbia mirato al bersaglio grosso e che dentro il libro ci sia tutto questo po’ po’ di significati e non un’abile far supporre chissà che. Rimane comunque uno spunto divertente e un ritratto interessante di un paese troppo poco noto. [ Згорнути рецензію ]
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04.09.2013
Автор рецензії: Brunella Schisa
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il Venderi / supplemento de la Repubblica)
Anno 1983. Cinque studenti universitari di Kiev per ammazzare la noia di un’estate a raccogliere mele per la comunità, inventano un gioco di ruolo e si spartiscono l’Urss e i paesi intorno. Un anno dopo vengono arrestati dal Kgb e messi sotto torchio; quando saranno rilasciati scopriranno di essere stati espulsi dall’università per assenza ingiustificata. Vent’anni dopo uno dei cinque giocatori, Saša Davydov, io narrante, riceve una mail da un anonimo che riprende il gioco con un minaccioso ultimatum. Il passato si risveglia e davanti al protagonista e ad alcuni dei suoi compagni di sventura si ... [ Показати всю рецензію ]
apre un mondo che speravano avere alla spalle. Kiev è una città limacciosa, zeppa di spie provenienti da tutta Europa. Riappare anche il suo persecutore, l’agente del Kgb Sinevusov. Istemi dello scrittore ucraino Aleksej Nikitin è un romanzo impegnativo per la complicazione della trama e per i continui riferimenti culturali dell’autore
quarantacinquenne che vive a Kiev e scrive esclusivamente della sua città e cita soltanto la letteratura russa.
A quasi venticinque anni dalla caduta dell’Urss il suo romanzo sembra fantastoria.
«Invece non lo è perché parlo anche di esperienze vissute ai tempi dell’Unione Sovietica, piccoli frammenti di realtà trasfigurati dall’invenzione letteraria. Ma mi lasci dire che la parte inventata è davvero esigua».
Nel libro c’è molta realtà ma anche un bel po’ di letteratura se anche l’agente del Kgb si permette lunghe dissertazioni su Dostoevskij.
«C’è sempre stato e sempre ci sarà un legame tra invenzione e letteratura, anche i romanzi dell’Ottocento parlavano della realtà».
Lei descrive l’Ucraina come un Paese arretrato, cupo.
«Purtroppo l’Ucraina è proprio come la descrivo io ma, per fortuna, è anche qulcos’altro. Se dal tempo dell’Unione Sovietica le condizioni sono migliorate, nel Paese manca ancora una politica che
possa assicurare a tutti noi una vita migliore. Ma non c’è un progetto, non c’è una visione strategica».
Kiev anche sembra soltanto un covo di spie internazionale?
«Di spie ce ne sono ancora tante. I Sinevusov non si sono volatilizzate. Alcuni di loro sono andati
in pensione, altri sono spariti per motivi anagrafici, ma diversi hanno fatto carriera e per il momento ci sono ancora e occupano ottime poltrone e hanno un ruolo determinanti nella vita del Paese».
A proposito dell’agente del Kgb Sinevusov, lei ripete in modo ossessivo che suda olio e veleno, e poi usa la stessa immagine nel finale, ma a sudare olio e veleno è Saša, il protagonista. Perché?
«I miei personaggi esprimono con il loro sudore la sofferenza che infliggono al loro corpo e alla loro anima facendo del male a un altro essere umano. È una manifestazione fisica, tangibile di una sofferenza morale che alla fine coglie anche Saša che verrà distrutto». [ Згорнути рецензію ]
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23.08.2013
Автор рецензії: Giulio Gasperini
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Chronicalibri)
Cinque studenti universitari, nell’Ucraina della metà degli anni Ottanta, si appassionano a un gioco di ruoli fantastorico. Come ai nostri tempi, quando nelle lunghe sere invernali capitava di mettersi intorno a un tavolino e improvvisare amichevoli guerre con Risiko. “Istemi”, il romanzo dell’ucraino Aleksej Nikitin, edito da Voland nel 2013, è un curioso esperimento di sciarada, un racconto sempre in sottrazione, nel quale la comprensione è tutta a carico del lettore, e dove soltanto il finale getta luci più sicure e salde su tutta la trama e sulla caratura dei personaggi.
Il passatempo dei ... [ Показати всю рецензію ]
giovani universitari ben presto diventa un pretesto per cacciarli dall’Università, bandirli dal sapere, estraniarli dalla conoscenza. Niente meno che il Komitet gosudarstvennoj bezopasnosti (meglio noto come KGB) si insospettisce dei loro nomi in codice, delle loro fittizie mosse, dei loro inventati spostamenti. E comincia un servizio di spionaggio che si dipana tra antiche lettere, telefonate misteriose e ancor più misteriosi pedinamenti. I protagonisti, e soprattutto la figura di Davydov, che come e-mail usa il nome di Istemi, l’ultimo signore assoluto del Khanato turco di Zaporož’e, si muovono in atmosfere oscure, al limite del paranoico. L’ambiguità tra realtà e finzione, tra gioco e vita, tra sospetto è certezza è costantemente portata al limite, estenuata ai limiti del fraintendimento. Anche gli eventi, i fatti che dovrebbero concedere al lettore spiragli di comprensione e di verità non sono così performanti e sicuri. La vicenda cardine accede nel 1984, l’epoca degli studi universitari e delle goliardate tra amici, mentre parallela corre la storia più moderna, di venti anni dopo: siamo nel 2004, e una mail contenente un ultimatum risveglia antichi ricordi e ancor più remote certezze. Questo evento è la causa scatenante una ricerca dettagliata e profonda delle vere ragioni, della realtà più profonda.
La tecnica narrativa di Nikitin è sicuramente interessante, un esperimento coraggioso di racconto in sottrazione: in alcuni punti il lettore si trova spiazzato, in balia dei sospetti e delle domande; ma forse anche questo fa parte dell’accorgimento narrativo. I sospetti, le domande, le incomprensioni si assommano e si sovrappongono, in un’accelerazione al disvelamento che è breve incursione in un mondo parallelo e alternativo, quello dominato dal morboso sospetto e dall’ansia della conoscenza a ogni costo.
Il breve romanzo di Nikitin, in molti punti intensamente ironico, sbeffeggia e critica la paranoia e l’ansia della sicurezza, così tanto affermata nei paesi del blocco sovietico. Tanto da non aver neppure la capacità di distinguere tra un semplice gioco e una minaccia reale. [ Згорнути рецензію ]
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09.08.2013
Автор рецензії: Luca-Menichetti
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Lankelot)
E’ improbabile che ad Aleksej Nikitin nello scrivere “Istemi” siano venute in mente le opere di Shostakovich, ed in particolare del Naso; ma proprio per i temi della scissione della personalità, il dissidio tra vero e falso, e soprattutto per la rappresentazione grottesca della burocrazia sovietica, un qualche richiamo e collegamento non sarebbe stato neanche campato in aria. Solo che, nel caso del lungo racconto di Nikitin, il volto ottuso e crudele della dittatura sovietica non si manifesta tanto con i miseri travet oppressi da ingranaggi incomprensibili, ma semmai con la presenza di spie e di ... [ Показати всю рецензію ]
affaristi, in piena attività prima e dopo il crollo del regime sovietico. La vicenda del protagonista Davydov scorre in un continuo alternarsi tra il 1983 e il 1984 precedente alla Perestrojka; e poi nel 2004 di un’Ucraina diventata vagamente democratica.
Davydov ha un alter ego, il condottiero Istemi, nato in quel 1984 dalla fantasia di cinque studenti del secondo anno della Facoltà di radiofisica di Kiev: annoiati da una sessione di lavoro coatto al servizio del regime, e consapevoli delle assurdità burocratiche alle quali venivano costretti, i cinque universitari si inventano un gioco di ruolo fantastorico, “civiliziation”, dove i territori dell’Unione Sovietica e dell’est, fino ai confini con l’Italia e l’Occidente, sono diversamente divisi in paesi immaginari, tra un califfato, un kanato, un regno, un impero ed una confederazione.
Una delazione di chissà chi e i cinque si ritrovano nelle grinfie del Kgb, alla prese con professionisti della disinformazione evidentemente incapaci di distinguere il vero dal falso. Per il solo fatto di aver immaginato e messo nero su bianco una sorta di geografia alternativa gli studenti saranno oggetto di interrogatori e, una volta liberati, espulsi dalla loro facoltà. Alcuni di loro faranno una brutta fine, altri, come Kurockin, faranno invece carriera e diventeranno degli squali democratici a tutti gli effetti. Passano vent’anni, quell’incidente sembra ormai un brutto ricordo, uno degli ultimi spasmi di un regime moribondo, ma nell’Ucraina velocemente convertita al sistema turbocapitalista (guarda caso Davydov è diventato collaboratore precario di una multinazionale americana di “bottiglie di plastica piene di liquame marrone dal sapore dolciastro”) le ombre del passato tornano a volte in maniera inaspettata: agli ex compagni di studi vengono spedite alcune mail dove si evoca il gioco di ruolo ed i rispettivi alter ego. Da qui si dipana una vicenda con frequenti flash back agli anni ’80 e tale da assumere toni in qualche misura noir, vuoi per il mistero di questo gioco di ruolo rinato come d’incanto, vuoi per la presenza di ex spie e degli ex funzionari del regime al tempo intervenuti per reprimere la “civiliziation” dei cinque studenti. Fino all’epilogo a sorpresa e grazie al quale almeno parte dei doppi e dei tripli giochi dell’era sovietica vengono svelati.
Per “Istemi” ricordo come sia stato evocato il nome di Kafka, immagino avendo ben presente il meccanismo repressivo di uno Stato apparentemente incapace di distinguere la verità dalla fantasia.
Osservazione in qualche modo calzante ma che credo non vada più di tanto enfatizzata per un romanzo al quale comunque non è estranea la definizione di noir o di thriller. Proprio perché noir, seppur sui generis, la lettura non risulta particolarmente impegnativa, non annoia, ma allo stesso tempo non permette distrazioni: la narrazione in prima persona procede come un flusso di pensieri del protagonista, e quindi sta al lettore rimanere vigile e cogliere tutto quello che non viene detto esplicitamente e viene fatto solo intuire.
Se poi vogliamo trovare qualche riferimento in altri autori, almeno per cogliere lo stile o lo svolgimento del romanzo, viene da pensare semmai che Aleksej Nikitin abbia avuto presente John Le Carrè e le sue spie così lontane dallo stereotipo di James Bond. Lo scrittore inglese difatti ci ha raccontato uno spionaggio fatto di doppi e tripli giochi e condizionato da burocrati letali, dove l’organizzazione del servizio segreto, senza eroismi di sorta e piena di grigiore, si rivela sempre fondamentale nello svolgimento dell’azione; proprio come leggiamo in “Istemi”. E per di più i riferimenti alla Cecenia e allo sfascio dell’impero sovietico, seppur non approfonditi, possono ricordare uno degli ultimi grandi libri di Le Carrè, “La passione del suo tempo”.
A differenza di altri nobili modelli però nell’opera di Nikitin il sarcasmo e l’ironia di Davydov – Istemin è di tutta evidenza, da risultare quasi un contraltare ad una realtà ucraina altrimenti grigia e condizionata dalla corruzione. Un grigiore che si coglie anche nella stessa descrizione degli ambienti e senza particolari distinzioni tra il periodo del regime sovietico e quello dell’indipendenza a basso grado di democrazia: pur con ruoli diversi, prima magari inseriti in un organizzato sistema repressivo, adesso battitori liberi al servizio di sé stessi, per quanto sia si rivelano sempre presenti gli stessi personaggi spioni, corrotti, ambigui e spesso letali. [ Згорнути рецензію ]
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